BELLUNO – È boom di cassa integrazione sia a Treviso che a Belluno. Nei primi 9 mesi di quest’anno è stata autorizzata quasi la stessa quantità di ore dell’intero 2023, sia a Treviso che a Belluno: più di 12 milioni di ore a Treviso e più di 4 milioni a Belluno. Il picco nel mese di settembre, con quasi il doppio delle ore autorizzate in entrambe le province rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Pesano, in particolare, le difficoltà del settore automotive e del sistema moda.
L’allarme arriva dalla Cisl Belluno Treviso, che oggi, 5 novembre, ha riunito il Consiglio generale a Cison di Valmarino, dando l’avvio al percorso che porterà l’organizzazione sindacale guidata da Francesco Orrù al suo quarto Congresso territoriale, già fissato per il 14 e 15 aprile a Castelbrando.
L’assise che ha adunato a Cison più di un centinaio di rappresentanti sindacali, ha deliberato sui regolamenti, sulla data e il luogo del prossimo Congresso, dando così il via alla fase più partecipativa e importante per l’organizzazione, straordinario momento di discussione e confronto per tutti i delegati e le delegate. Ma l’incontro è stato anche occasione per un’analisi del contesto socio-economico e del mercato del lavoro nelle due province, grazie a un Report realizzato dall’Ufficio Studi della Cisl.
A preoccupare, in particolare, sono i dati sull’andamento della cassa integrazione, soprattutto perché spesso un aumento esponenziale delle ore autorizzate di cassa integrazione preannuncia l’esplosione di una crisi, come accaduto nel 2008.
La cassa integrazione nel bellunese.
Nei primi tre trimestri di quest’anno sono state autorizzate 4.101.616 ore di cassa integrazione, +23% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando ne erano state autorizzate 3.335.174. Nel 12 mesi del 2023 sono state autorizzate 4.754.702 ore in totale. I picchi di ore nel 2024 si registrano in febbraio (1.107.238) e settembre (693.872).
I settori più in difficoltà risultano essere il tessile, con 143.558 ore autorizzate nei primi 9 mesi del 2024, il doppio rispetto alle 76.560 ore dello stesso periodo dell’anno scorso; la chimica, gomma e materie plastiche, con 231.939 ore nel 2024, il triplo rispetto alle 87.045 ore del 2023; trasporti e comunicazioni, con 8.913 ore nel 2024 e 2.737 nel 2023. Un incremento delle ore autorizzate si registra anche nella metallurgia (364.488 ore nel 2024, 262.886 nel 2023) e nella meccanica (2.635.912 nel 2024 e 2.098.067 nel 2023), che rimane il settore che nel bellunese segna il maggior numero di ore autorizzate negli ultimi due anni.
Dimezzate invece le ore di cassa integrazione nel comparto del legno (da 73.857 a 48.834), così come sono un quarto rispetto al 2023 le ore autorizzate nel settore carta, stampa ed editoria (17.176 nel 2024, 60874 nel 2023). In sostanziale equilibrio, infine, il comparto dell’industria e artigianato edile.
Il report.
L’analisi compiuta dall’Ufficio Studi Cisl Belluno Treviso fornisce un quadro completo delle condizioni socio-economiche delle due province. In due territori dove dal 2009 al 2023 il numero delle imprese attive è calato dell’11,9% (Belluno) e dell’8% (Treviso), il numero di occupati mostra una diminuzione nel Bellunese (da 93.176 occupati nel 2008 a 89.770 nel 2023) e un incremento nella Marca, con 398.520 occupati nel 2008 e 401.551 l’anno scorso. Nel Bellunese, l’andamento del numero degli addetti per settori produttivi indica chiaramente il travaso di lavoratori e lavoratrici dal settore del commercio (-1.835 addetti dal 2012 al 2022) a quello manifatturiero (+1.403) avvenuto negli ultimi 10 anni.
Il report fornisce anche la serie storica del numero di assunzioni e cessazioni ed evidenzia i redditi medi dei lavoratori e la forbice fra chi guadagna di più – chi opera nelle attività finanziarie – e chi guadagna di meno – i lavoratori in somministrazione e intermittenti, ma anche chi presta servizio nel turismo, alloggi e ristorazione.
«La situazione che emerge è preoccupante – sottolinea il segretario generale della Cisl Belluno Treviso Francesco Orrù -, in particolare per quanto riguarda la crisi dell’automotive, che colpisce anche le aziende della componentistica presenti nel nostro territorio. Reintegrare i tagli di 4,6 miliardi al Fondo di settore previsti dalla Manovra 2025 è fondamentale». «Va detto che le difficoltà – ha sottolineato Orrù nella sua relazione – sono strutturali e diffuse, e che per ricostruire un efficace sistema di politiche industriali che sia in grado di affrontare le sfide future nel nuovo contesto geopolitico occorre in primo luogo partire dalla dimensione europea: è arrivato il momento di una nuova politica industriale, che tenga conto di come l’instabilità planetaria dovuta prima alla pandemia, poi alla guerra in Ucraina e, infine, al conflitto in Medio Oriente, abbiano avuto impatti rilevanti sul commercio internazionale, determinando un ripiegamento dei processi di globalizzazione con conseguente riorganizzazione delle filiere produttive”. “A livello territoriale – ha aggiunto Orrù – l’avanzare della crisi va affrontata attraverso un impegno congiunto delle parti istituzionali, politiche e sociali, per scongiurare la chiusura o il ridimensionamento delle imprese e promuovere investimenti anche a supporto dell’industria tessile, particolarmente colpita dalle attuali difficoltà».
La relazione del segretario generale ha toccato diversi temi, dalla sicurezza sul lavoro, “che dev’essere affrontata da molteplici prospettive: contrattuale, normativa, ispettiva, formativa”, alle sempre più urgenti politiche per l’abitare “necessarie per tornare a rendere attrattivi i nostri territori che stanno vivendo una vera e propria glaciazione demografica accompagnata da una carenza cronica di lavoratrici e lavoratori e da una mancata seria gestione delle politiche migratorie”. La relazione confederale ha approfondito anche i temi socio-sanitari – con un passaggio sugli Ambiti Territoriali Sociali (ATS), strutture intercomunali deputate alla gestione associata della funzione socio-assistenziale chiamati nel prossimo futuro a svolgere un ruolo da protagonisti nel sistema specifico di welfare regionale – e quelli della contrattazione, con la “necessità di un suo rilancio a tutti i livelli per incrementare i salari”.
I lavori del Consiglio generale sono stati conclusi dal segretario generale della Cisl del Veneto Massimiliano Paglini, che ha sottolineato: «Dobbiamo contrastare l’inesorabile declino che sta condannando il Nord Est all’irrilevanza economica e sociale. Abbiamo il dovere di fare ogni cosa per ridare vigore, centralità, sviluppo, crescita ai nostri territori per distribuire ricchezza e tutele sociali. Per questo come Cisl siamo impegnati a tutti i livelli per rigenerare attrattività del Veneto, recuperando quella cultura imprenditiva e partecipativa che generò il modello Nord Est. Servono anzitutto risposte urgenti per gestire le emergenze abitativa e demografica».