Sommerso, il lavoro abusivo minaccia 710mila imprenditori

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BELLUNO – 3,2 milioni di pericolosi “fantasmi” si aggirano per l’Italia: sono i lavoratori irregolari e gli operatori abusivi che popolano il sommerso, quel mondo parallelo che “vale” 202,9 miliardi di euro e rappresenta l’11,3% del Pil e il 12,6% del valore aggiunto. Un mondo in cui non esistono regole e che produce danni ingenti alle imprese, alla sicurezza dei consumatori, alle casse dello Stato.

Confartigianato ha lanciato oggi una campagna nazionale di informazione contro l’abusivismo dal titolo “Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani”. Tre gli obiettivi dell’iniziativa: mettere in guardia i consumatori dal rischio di cadere nelle mani di operatori improvvisati, valorizzare qualità, durata, rispetto delle norme, convenienza e sicurezza del lavoro dei veri artigiani, richiamare le autorità a un’azione di controllo, di repressione e di contrasto all’evasione fiscale e contributiva. La campagna è strutturata in una serie di fumetti che spiegano i rischi nascosti dietro l’abusivismo, anche per i clienti e gli utenti, non solo per gli artigiani.

Per numero di “occupati”, 3,2 milioni di irregolari, il sommerso è il terzo settore più numeroso dell’economia italiana, preceduto dai servizi, che contano 16,3 milioni di addetti, e dal manifatturiero (4 milioni di addetti).

A denunciare le cifre del fenomeno è uno studio di Confartigianato che lancia l’allarme sulla minaccia del sommerso per le attività dei piccoli imprenditori. Sono infatti 709.959 le aziende italiane maggiormente esposte alla concorrenza sleale a opera di 1 milione di operatori abusivi che si spacciano per imprenditori, ma che di regolare non hanno nulla. È irregolare il 14% dei soggetti che svolgono attività indipendente e questa quota è aumentata di 0,6 punti percentuali rispetto al 2011.

In particolare, i rischi maggiori di infiltrazione abusiva li corrono 587.523 imprese artigiane, soprattutto nei settori dell’edilizia, dell’acconciatura ed estetica, dell’autoriparazione, dell’impiantistica, della riparazione di beni personali e per la casa, del trasporto taxi, della cura del verde, della comunicazione, dei traslochi.

Abusivismo e lavoro sommerso non risparmiano nessuna regione d’Italia, ma il Mezzogiorno ha il record negativo con il tasso di lavoro irregolare sull’occupazione totale pari al 17,5%, mentre il Centro Nord si attesta sul 10,7% e il Nord Est si ferma al 9,2%. Maglia nera per la Calabria, dove non è regolare un quinto (21,5%) degli occupati della regione, seguita da Campania (18,7%), Sicilia (18,5%), Puglia (15,9%), Molise (15,8%) e Sardegna (15,3%). Il tasso più basso di lavoro irregolare sul totale degli occupati (8,4%) si registra nella provincia autonoma di Bolzano.

Ma – secondo le stime contenute nell’analisi di Confartigianato – è nel Nord che si annida il maggior numero di abusivi che si fingono imprenditori. La classifica regionale vede infatti in testa la Lombardia dove l’economia sommersa ne “arruola” 130.800. Seguono la Campania (121.200), il Lazio (111.500), Sicilia (95.600) e Puglia (78.100). A livello provinciale, Roma batte tutti con 84.000 abusivi, seguita da Napoli (59.500), Milano (47.400), Torino (30.600), Salerno (26.100).

«In provincia di Belluno la situazione non è grave: le stime parlano di circa 2.300 indipendenti non regolari, con un tasso di irregolarità basso e di gran lunga inferiore alla media nazionale» commenta la presidente di Confartigianato Belluno, Claudia Scarzanella. «Tuttavia, il pericolo è elevato, perché il peso dell’artigianato nei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale del sommerso è particolarmente elevato nel Bellunese: lo studio nazionale parla di una quota superiore al 90%. Significa che l’ossatura di molti mestieri è radicata nell’artigianato nel nostro territorio. Per questo chiediamo “tolleranza zero” su un fenomeno che sottrae lavoro e reddito ai piccoli imprenditori e risorse finanziarie allo Stato, oltre a minacciare la sicurezza e la salute dei consumatori. Scegliere gli artigiani significa qualità e garanzia del servizio, in primis per se stessi e poi anche per la collettività. Scegliere l’abusivismo invece crea un danno per tutti».

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