Con questo primo appuntamento GOBelluno.it apre una nuova rubrica, dedicata interamente alla fotografia e curata dal collaboratore e fotografo amatoriale Andrea Dal Mas di Belluno.
La fotografia stenopeica (dal greco stenos opaios, stretto foro) è un particolare procedimento fotografico basato sul semplicissimo principio della “camera obscura”, già utilizzata dagli arabi nel secolo XI, poi ripresa dal “nostro” Leonardo Da Vinci e successivamente impiegata nel rinascimento come ausilio per riproduzioni di architetture e paesaggi; di fatto non è altro che una scatola nera all’interno e con un piccolissimo foro attraverso il quale passano i raggi luminosi, che si proiettano rovesciati sulla parete opposta.
Questo metodo rivisto al giorno d’oggi, ricalca quasi una filosofia di vita: perché infatti fotografare con un “metodo” lento ed impreciso che fonda le sue origini moltissimi secoli fa, quando oggi viviamo la comodità e rapidità dell’era digitale?
Tra le tante e soggettive giustificazioni, le più comuni risiedono senz’altro nella “purezza” e “genuinità” della creazione fotografica, non influenzata da nessun tipo di tecnologia interposta tra il soggetto e il materiale fotosensibile; di fatto una fotocamera stenopeica non è altro che un contenitore qualsiasi (proprio qualsiasi, senza limiti alla fantasia) dotata di un semplice piccolo foro su una superficie e del materiale fotosensibile posizionato sulla superficie opposta… tutto qui, nessuna manipolazione, nessun diaframma, nessun otturatore, ma semplicemente la comunicazione diretta dell’informazione.
L’aspetto filosofico è proprio quella del voyeurismo, ovvero l’osservazione e registrazione del mondo esterno attraverso un foro, una figura spiata dal buco della serratura… ma in realtà la questione qui si complica, in quanto, non essendo possibile guardare dal foro e registrare allo stesso momento, il fotografo può solamente immaginare lo scatto finale, ed il risultato ottenuto potrebbe essere tutt’altro, per vari motivi che non vi svelo, poiché questa curiosa tecnica va provata, studiata, implementata e goduta dall’inizio alla fine, in un processo che parte dalla creazione stessa della fotocamera, in base ai propri desideri tecnici ed estetici, passando per la scelta del soggetto, al tempo “lento quanto basta” necessario alla registrazione su carta fotosensibile o pellicola negativa/diapositiva, fino allo sviluppo ed alla stampa… un gioco che diventa sorprendentemente arte visiva.
I primi tentativi di approccio alla tecnica-filosofia stenopeica solitamente non vanno a buon fine e quindi la tentazione di abbandono è forte, ma la convinzione, la perseveranza, l’affinamento della tecnica e la fiducia in se stessi possono col tempo dare soddisfazioni forti.
A chi si sta domandando come è possibile che non vi sia una lente o un sistema di messa a fuoco, rispondo semplicemente che la lente “non serve” in quanto il foro è talmente piccolo e realizzato su una lamina sottile che l’angolo di ripresa “ipoteticamente” è di 180° ed il diaframma equivalente può essere attorno a f/180 o anche di più, per cui risulta sempre e comunque tutto a fuoco.
Il rovescio della medaglia è l’insorgere della “diffrazione”, fenomeno fisico/ottico che degrada la nitidezza dell’immagine finale; per allontanarsi dallo spauracchio diffrazione servono ampie dimensioni della superficie captante, per cui niente digitale!, ma almeno dal medio formato 6×6 in su… Un consiglio da amico: non provate comperando dei forellini da applicare al “tappo” della vostra digitale, sarebbero solo soldi buttati! Le foto su pellicola negativa 6×6 e 6×9 sono migliori, anche in stampa. Provare comunque non costa nulla!! Basta sacrificare una scatola del thé, quella delle scarpe oppure una lattina di birra (naturalmente finita..) 😉
In ultima, sappiate che esiste anche una giornata mondiale del foro stenopeico… tutte le informazioni per essere pronti alla prossima data le trovate qui: http://pinholeday.org/
Alla prossima puntata… tra una settimana giusta!
Andrea Dal Mas (immagini e testo)