Thomas Lorenzi: “Un’esperienza lunga 100 km lungo il deserto del Sahara”

Thomas Lorenzi in una gara disputata nel deserto
Una fotografia di gruppo prima della partenza

E ritornato nel bellunese da eroe, dopo aver percorso cento chilometri nelle difficili sabbie del deserto del Sahara: Thomas Lorenzi ci parla della sua impresa.

DESERTO DEL SAHARA – Dopo svariate corse in montagna e aver macinato chilometri su chilometri per sentieri, avendo tutti i requisiti richiesti dall’organizzazione per partecipare – come aver percorso un certo numero di maratone – decido di iscrivermi e tentare questa folle impresa dell’attraversamento del famigerato deserto del Sahara in una corsa “non stop” di 100 chilometri.

A gennaio mi sono infortunato e dopo un’attenta riabilitazione, con non poche ansie, riesco a ri-indossare le scarpette da corsa per giugno del 2012, dandoci dentro con gli allenamenti per preparami all’impresa… 24 ottobre sera, nemmeno mi accorgo e mi ritrovo a preparare i bagagli per la corsa nel Sahara.

Sveglia ore 7.00 di mattina e partenza direzione Milano Malpensa, ultimi preparativi quando mi si scarica la pila del cronometro da polso… i soliti inconvenienti pre-gara. Risolto il “problema”, controllo per l’ultima volta il materiale obbligatorio per la competizione e salgo in macchina direzione Milano. Dopo circa 4 ore di guida arrivo in quel di Malpensa, dove faccio conoscenza con alcuni amici “podisti”: ci riconosciamo a vista perché indossiamo abiti sportivi e soprattutto le inconfondibili scarpette da corsa. Prima del check-in faccio conoscenza con vari concorrenti i quali mi snocciolano tutte le loro varie esperienze di gare nei deserti sparsi per il globo, facendo accrescere in me l’agitazione che già mi tormentava. Dopo svariati scali, perdite di bagagli di alcuni trailer, controlli al metal detector impazziti e polizia tunisina pignola più che mai, finalmente arriviamo all’albergo con il pullman, giusto in tempo per la cena delle ore 22:30.

Thomas Lorenzi con la medaglia all’arrivo della gara

Finito di cenare subito in branda poichè la mattina dopo la sveglia è fissata per le ore 5, per la gioia di tutti i 130 partecipanti alla gara. Essendo proprio il 26 ottobre la data della “grande Pasqua”, una fra le più importanti feste in tutto il mondo mussulmano, uno degli autisti della corriera pensa bene di arrivare con circa un’ora e mezza di ritardo, poiché si era recato in preghiera alla moschea prima, e in festa con la famiglia poi: altri mondi altri ritmi!!

Si parte per Chenini, ultima città prima del nulla, prima dello sterile deserto, prima della grande avventura. Lungo il percorso non ci facciamo mancare niente: fra montoni legati e sgozzati in onore alla festa capita pure di “distruggere” un copertone lungo una pista di terra battuta, per la gioia di tutti noi che abbiamo potuto vivere una paio di minuti di terrore tra rumori, odori e sbandate varie. Risolto il tutto con la sostituzione della ruota – più malandata di quella cambiata – si riparte alla volta della splendida cittadella, arroccata fra dune di roccia e case scavate nel granito.

Consumato il pasto, passato il controllo del materiale obbligatorio che consisteva in lampada frontale con pile di ricambio, telo termico sopravvivenza, accendino, luce chimica, giacca antivento, capo pesante per la notte, almeno 2 litri di liquidi e 1500 calorie in cibi, barrette, sali e quant’ altro e ritirato il pettorale, mi accingo a cambiarmi e preparami per la grande sfida contro me stesso e la sabbia del deserto infuocato.

Un paio d’ore prima della partenza vengo colpito da un attacco di mal di pancia fulminante che in un attimo mi fa perdere tutte le energie: decisivi i medici che con qualche medicinale riescono a darmi una mano, anche se 10 minuti prima della sfida mi ritrovo a sonnecchiare sdraiato per terra.

Destato dal fragore dei partecipanti mi ritrovo in piedi sotto l’arco della partenza con le gambe molli e tremanti, un caldo incredibile, la gola secca e una voglia di starmene a dormire, ma la preparazione di un intero anno a questa gara, il recupero in extremis da un infortunio, la voglia di provare quell’esperienza e non per ultimi i 1200 euro spesi mi danno la forza di “provarci”, cercando di riuscire a portare a casa quest’esperienza.

La corsa nel deserto ha messo a dura prova anche i concorrenti più esperti

Finalmente, dopo la consueta foto di gruppo, arriva lo start dato con il classico colpo di pistola e tutti i concorrenti scattano risalendo l’antica mulattiera che porta in cima ad una bellissima roccaforte scavata nella roccia.

Parto in fondo al gruppo e arranco, pensando se riuscirò mai a finire questa folle gara. Sono arrivato in Tunisia ben allenato e 100 chilometri è una distanza alla mia portata, ma l’inconveniente allo stomaco mi demotiva già in partenza: brutto segno visto che in queste gare la “testa” conta per il 70%.

Arrivati in cima alla cittadella inizia una discesa impegnativa, alternata da un continuo sali e scendi a fondo duro/roccioso molto tecnico. Le pietre lisce fanno arrancare gli atleti che ad ogni passo scivolano. Pietre logore dal passaggio negli anni di migliaia di Berberi.

Terminate le salite più impegnative che mi hanno visto comunque a mio agio – essendo un animale da montagna – e che mi hanno permesso di superare una ventina di concorrenti, la strada si fa sempre più pianeggiante e balenano all’improvviso fastidiose lingue di sabbia che rallentano la corsa.

La sabbia è come un “chewingum”, quando vi entri affondi: difficilissimo correre, ti ingloba e difficilmente lascia andare i tuoi passi scalpitanti. Controllo il gps facendo attenzione a non superare il ritmo degli 11 km/h che mi ero imposto. La gara è ancora lunga ed è facile spingere all’inizio quando le forze sono ancora presenti. Nonostante il male allo stomaco che mi assilla e si fa sentire maggiormente quando provo ad ingerire qualche cosa, riesco agevolmente a correre, infatti mi accodo ad un trailer: percorreremo insieme i primi 20 chilometri chiacchierando del più e del meno.

Arrivato al primo ristoro la notte ormai è alle porte e i giudici ci invitano ad accendere la luce obbligatoria sullo zaino e la lampada frontale. Un bicchiere di thè caldo, un paio di biscotti secchi e si riparte. Fino a qui tutto ok anche se lo stomaco non molla.

Ci addentriamo sempre di più verso il nulla, tanto che percorriamo un tratto di circa 40 chilometri senza incontrare nemmeno una curva, solo continui sali e scendi con frequente sabbia a tratti profonda, che sembra volerci frenare dal nostro intento. Sorpasso molti atleti fino a che mi ritrovo da solo.

Al ristoro del 40esimo chilometro faccio rifornimento di acqua nello zaino e mangio un pezzettino di banana, oltre al solito bicchiere di thè caldo. Le gambe ci sono, la testa è concentrata, la pancia sembra darmi un attimo di tregua tanto che dal 50esimo al 60esimo chilometro non sento più alcun fastidio. Meraviglioso!!! Ormai il paesaggio è diventato puro nulla. Niente a destra, niente a sinistra, solo qualche cespuglio a spezzare la monotonia di quella maestosa grandezza. Ogni tanto la frontale illumina una balisa che mi indica la giusta via.

I primi chilometri prima di arrivare al percorso di sabbia

Arrivo al ristoro del 60esimo chilometro: c’è a disposizione la pasta. Mangio due forchettate di spaghetti, un po’ di carboidrati ci vogliono per affrontare gli ultimi 40 mila metri, un bicchiere di thè e via si riparte. Dopo pochi minuti mi ritrovo completamente solo, nessuna luce davanti nessuna dietro, solo la notte, il deserto e me.

Decido di fermarmi e spegnere la frontale per assaporare la magia di quel suono: “il silenzio”. Solo ora mi accorgo che in 33 anni non ho mai ascoltato il vero silenzio, un senso di smarrimento e di disagio mi pervade, una sensazione mai provata. Il deserto ti fa capire quanto l’uomo sia nullo nei confronti della natura, quanto sia effimero, fragile nei confronti della vita.

Riparto con la frontale spenta perché voglio assaporare il rumore dei miei passi e del mio respiro. Attorno al 65esimo chilometro un dolore lancinante al ginocchio mi prende all’improvviso. Sono disperato. Mi fermo, provo a stretchare un po’ il quadricipite ma il dolore non scompare. Riprendo a correre/camminare, cercando di capire come poter spingere con la gamba destra per sentire meno dolore. Finalmente trovo il modo di avanzare, stile gambizzato… Ogni tanto sono costretto comunque a fermarmi dal dolore.

Nonostante tutto stringo i denti e arrivo al ristoro dell’80esimo chilometro. Qui i medici mi danno un anti dolorifico e applicano del ghiaccio sray: la combinazione dei due mi allevierà un pochino il dolore. Mangio un biscotto secco e un pezzo di banana, oltre all’immancabile bicchiere di thè e gli addetti all’organizzazione mi invitano a coprirmi. Infatti loro indossano guanti, berretto, giacca vento… io sono in maglietta maniche corte e pantaloncini corti. La famosa escursione termica del deserto notturna ci investe ma non sento il freddo.

Riparto rinfrancato dal ristoro e dopo 5 mila metri inizia il calvario: 15 chilometri di dune. Inizio a salirne una, esperienza nuova per me, pensando all’esperienza fatta con le corse in montagna e sulla neve non mi preoccupo più di tanto ma mi trovo subito a fare i conti senza l’oste. La sabbia è incredibilmente fina e mi entra nelle scarpe, non ti lascia avanzare e sei costretto a continui balzi per poter camminare. Indosso due paia di gambaletti da donna sopra le scarpe per evitare di far entrare la sabbia – trucco suggerito da un signore conosciuto in aereo – mi rimbocco le maniche e procedo.

Dopo 17 minuti di continuo sali e scendi e circa 10 dune salite, guardo il mio gps che mi dice di aver percorso solamente 150 metri…pensando che mi mancano 15 mila metri entro in crisi totale. Come se non bastasse sale il vento e la sabbia inizia a volare, negli occhi, in bocca, difficilissimo proseguire e soprattutto orientarsi.

Sono costretto a salire in cima alle dune per poter vedere qualche segnale luminoso che mi indica la via, dovendo a forza aprire gli occhi e guardare lontano, con la sabbia che si conficca come spilli nelle pupille. La gola secca, arsa dalla sabbia… per fortuna trovo una bottiglia di plastica con del liquido. Sembra acqua: che fare? Potrebbe esserci di tutto, però l’arsura è tale da farmi rischiare… fortunatamente era davvero acqua!!!

Vinco la crisi, riesco a decifrare le dune, riesco perfino a correrne qualcuna, sento le gambe che volano e il ginocchio che duole ma la mia volontà ora si fa di ferro. Passo un concorrente a 8 chilometri dal traguardo, non ne vedevo uno da almeno 4 ore.

Vedo che il gps mi segna che manca poco al termine della gara: inizio a vedere le luci dell’oasi dove alloggeremo. Volo negli ultimi chilometri, mi passa qualsiasi dolore, faccio due calcoli veloci e penso di essere circa in 25esima posizione.

Al mio arrivo il cronometro si ferma sulle 11 ore 55 minuti e 11 secondi: sono sceso sotto le 12 ore!! Mi accolgono tra mille complimenti, lo staff mi fa la foto e oltre alla maglietta di finisher mi mette al collo la medaglia.

Chiedo la posizione e mi dicono che sono ottavo nella categoria maschile e nono assoluto. Chi se lo aspettava!

Ero venuto nel deserto solamente con l’intento di portare a casa una bella esperienza e riuscire a finirla entro le 15 ore, e mi ritrovo addirittura 8° a percorrere 100 chilometri nella sabbia sotto le 12 ore. Sono felicissimo.

Mangio tutto quello che trovo a portata di mano, faccio la doccia e mi metto sul letto, cercando di riposare anche se i dolori alle gambe sono davvero notevoli e non vogliono farmi abbandonare fra le braccia di Morfeo.

L’indomani, mentre aspettiamo l’arrivo degli ultimi concorrenti, vedo nell’oasi scene incredibili: un concorrente ha perso nove unghie dei piedi, un altro con 40 vesciche, più di uno che sviene provato dal deserto e recuperato grazie a dose di sali via endovenosa.

Nonostante i miei vari dolori devo dire che sono davvero soddisfatto della mia prestazione: ora non vedo l’ora di tornare a casa per condividere questa esperienza con i miei cari, raccontare l’emozioni indescrivibile che difficilmente si possono capire se non vivendole,  tornare dalla mia famiglia e abbracciare il mio bambino.

Un caro saluti a tutti i lettori di GOBelluno.it da Thomas Lorenzi!

3 Commenti

  1. bravo Thomas sono fiero di essere un tuo compaesano tu probabilmente non mi conosci ma ti hoincontrato qualche volta mentre correvi passando da palia.Bellisimo racconto se ci incontriamo ti farò i complimenti di persona

  2. Grazie Fabrizio e Gino, grazie mille per il supporto e per i complimenti…
    Gino la prossima volta fatti riconoscere cosi facciamo 2 chiacchiere!!!
    Ciao a tutti

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